

Il metodo dell’ipnosi ci può rendere dei giocatori di poker migliori? A chiederselo sono in tanti. E la risposta arriva da un professionista del settore, come Elliot Roe: “Dipende se è un blocco o talento. Non posso rendere talentuoso chi non ha talento. Ma se qualcuno fa auto-sabotaggio, può essere molto efficace rimuovere questo auto-sabotaggio che trattiene la persona o dà problemi alla sua professionalità e cose simili.
Stiamo parlando di uno dei migliori mental coach esistenti in circolazione. A intervistarlo è stato Dan Cates, che nel suo podcast settimanale ha provato ad approfondire la questione: “Questo non crea talento però, tutto ciò che fa è permettere al talento di farsi vedere e fa smettere di trattenersi. Adesso vedo solo gente che si trova direi tra i migliori 50 al mondo, indifferente cosa facciano, quindi hanno già passato il problema di avere difficoltà con la strategia”.
L’ipnosi applicata al poker
I giocatori attuali, in base a quanto dichiarato da Elliot Roe, sono già molto preparati per quanto riguarda la pratica del gioco. A livello mentale, però, hanno sempre bisogno di qualcosa che li renda più sicuri di sé: “Hanno già le capacità per fare molto meglio, ma sanno che qualcosa li blocca. Quindi mi dicono qualcosa come “A volte provo ansia mentre gioco i Final Table” o nei business “Quando mi trovo ai meeting di investitori mi sento in difficoltà”.
Ecco allora che viene fuori la necessità di affidarsi all’aiuto di un profesionista: “Il lavoro che faccio io è più simile alla meditazione guidata. Se pensi allo stato che raggiungi in una lezione di yoga quando vuoi meditare, è molto simile. Ma con la meditazione cerchi di pulire la tua mente, con l’ipnoterapia invece ti focalizzi sull’emozione che causa il problema. Può essere ansia, rabbia, o un trigger come nell’esempio di prima. Magari senti una forza che ti spinge a mangiare il gelato, o non puoi trattenerti”.
Elliot Roe e la ricerca del bene interiore
Durante l’intervista con Dan Cates, Elliot Roe fa capire che ci sono dei momenti in cui anche tornare bambini può aiutare. Un esempio pratico fatto dal mental coach è il seguente: “Si può riconnettere questa cosa a qualcosa successo nei primi tempi della tua vita dove hai vissuto le stesse emozioni, si retrocede e magari si trova un momento dove tua madre ha detto – per esempio – “Sei un bravo ragazzo, Dan. Ecco un gelatino.”
Ecco allora che chi prova a migliorare il proprio status mentale e psicologico può ricorrere a questo genere di ricordi per svoltare sul piano mentale: “Ricerchiamo qualcosa di simile in ogni sensazione, per esempio nella rabbia potrebbe essere un passato di bullismo. Poi crescendo questo si ripete nella vita adulta, sono solo pattern che impariamo per sentirci più al sicuro da bambini, ma che da grandi non funzionano più e continuiamo comunque a usare”.
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